INESTIMABILE DONUM – It
Dec 31, 2007

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Adoremus, Society for the Renewal of the Sacred Liturgy

INESTIMABILE DONUM

Istruzione della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino

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Premessa

A seguito della Lettera indirizzata ai vescovi e, per loro tramite, ai sacerdoti il 24 febbraio 1980, nella quale il santo Padre Giovanni Paolo II ha considerato nuovamente il dono inestimabile della santissima Eucaristia, la Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino richiama all’attenzione dei vescovi alcune norme riguardanti il culto di così grande mistero.

Queste indicazioni non sono la sintesi di quanto la santa Sede ha già detto nei documenti relativi all’Eucaristia, promulgati dopo il Concilio Vaticano II e tuttora in vigore, specialmente nel Messale romano,[1] nel Rituale Comunione e Culto eucaristico fuori della Messa;[2] nelle Istruzioni: Eucharisticum Mysterium,[3] Memoriale Domini,[4] Immensae Caritatis,[5] Liturgicae Instaurationes.[6]

Questa sacra Congregazione constata con gioia i frutti numerosi e positivi della riforma liturgica: più attiva e più consapevole parteci­pazione dei fedeli ai misteri liturgici, arricchimento dottrinale e catechetico attraverso l’uso della lingua volgare e l’abbondanza delle letture bibliche, crescita del senso comunitario della vita liturgica, sforzi riusciti per colmare il divario tra vita e culto, tra pietà liturgica e pietà personale, tra Liturgia e pietà popolare.

Ma questi aspetti positivi e incoraggianti non possono nascondere la preoccupazione con la quale si osservano i più svariati e frequenti abusi che vengono segnalati dalle diverse regioni del mondo cattolico: confusione dei ruoli, specialmente in quanto si riferisce al ministero sacerdotale e al ruolo dei laici (recita indiscriminata e comune della Preghiera eucaristica, omelia fatta da laici, distribu-zione della Comunione da parte di laici, mentre i sacerdoti se ne dispensano); crescente perdita del senso del sacro (abbandono delle vesti liturgiche, Eucaristia celebrata fuori delle chiese senza vera necessità, mancanza di riverenza e rispetto riguardo al Ss. Sacra-mento, ecc.); misconoscenza del carattere ecclesiale della Liturgia (uso dei testi privati, proliferazione di Preghiere eucaristiche non approvate, strumentalizzazione dei testi liturgici per scopi socio-politici). In questi casi ci si trova davanti a una vera falsificazione della Liturgia cattolica: « Commette un falso chi da parte della Chiesa presenta a Dio un culto contrario al modo per divina autorità stabilito dalla Chiesa e diventato usuale nella Chiesa ».[7]

Ora tutto questo non può portare frutti buoni. Le conseguenze sono — e non possono non esserlo — l’incrinatura dell’unità di fede e di culto nella Chiesa, l’insicurezza dottrinale, lo scandalo e le perples­sità del popolo di Dio e quasi inevitabilmente reazioni violente.

I fedeli hanno diritto a una Liturgia vera, che è tale quando è quella voluta e stabilita dalla Chiesa, la quale ha pure previsto le eventuali possibilità di adattamento, richieste dalle esigenze pastorali nei diversi luoghi o dai diversi gruppi di persone. Sperimentazioni, cambiamenti, creatività indebite disorientano i fedeli. L’uso poi di testi non autorizzati fa sì che venga a mancare il nesso necessario tra la lex orandi e la lex credendi. È da ricordare, a questo proposito, l’ammonimento del Concilio Vaticano II: « Nessuno, assoluta-mente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica ».[8] E Paolo VI di veneranda memoria ha ricordato: « Chi approfitta della riforma per darsi ad arbitrari esperimenti, disperde energie e offende il senso ecclesiale ».[9]

A) LA SANTA MESSA

1. « Le due parti che costituiscono in certo modo la Messa, cioè la Liturgia della Parola e quella eucaristica, sono congiunte tra di loro così strettamente, da formare un solo atto di culto ».[10] Alla mensa del Pane del Signore non ci si deve accostare, se non dopo aver sostato alla mensa della sua Parola.[11] Massima quindi è l’importanza della sacra Scrittura nella celebrazione della Messa. Di conse-guenza, non può essere trascurato quanto la Chiesa ha stabilito perché « la lettura della sacra Scrittura sia più abbondante, più varia, meglio scelta nelle sacre celebrazioni ».[12] Si osservino le norme stabilite nel Legionario, sia per il numero delle letture sia per le indicazioni riguardanti circostanze speciali. Sarebbe un grave abuso sostituire la Parola di Dio con la parola dell’uomo, chiunque esso sia.[13]

2. La lettura della pericope evangelica è riservata al ministro ordinato, cioè al diacono o al sacerdote. Le altre letture, quando è possibile, siano affidate a un lettore istituito o ad altri laici preparati spiritualmente e tecnicamente. Alla prima lettura segue un salmo responsoriale, che fa parte integrante della Liturgia della Parola.[14]

3. L’omelia ha lo scopo di spiegare ai fedeli la Parola di Dio proclamata nelle letture, e di attualizzarne il messaggio. L’omelia spetta quindi al sacerdote o al diacono.[15]

4. La proclamazione della Preghiera eucaristica che, di sua natura, è come il culmine di tutta la celebrazione, è riservata al sacerdote, in forza della sua Ordinazione. E pertanto un abuso far dire alcune parti della Preghiera eucaristica al diacono, a un ministro inferiore o ai fedeli.[16] L’assemblea non resta però passiva e inerte: si unisce al sacerdote nella fede e nel silenzio e manifesta la sua adesione con i vari interventi previsti nello svolgimento della Preghiera eucaristica: le risposte al dialogo del Prefazio, il Santo, l’acclamazione dopo la consacrazione e l’Amen finale dopo il Per Cristo, che pure è riservato al sacerdote. Questo Amen in particolare dovrebbe essere valorizzato con il canto, perché è il più importante di tutta la Messa.

5. Si usino soltanto le Preghiere eucaristiche incluse nel Messale romano o legittimamente ammesse dalla Sede apostolica, secondo le modalità e i limiti da essa stabiliti. Modificare le Preghiere eucaristiche approvate dalla Chiesa o adottarne altre di composi­zione privata è gravissimo abuso.

6. Si ricordi che alla Preghiera eucaristica non si devono sovrapporre altre orazioni o canti.[17] Nel proclamare la Preghiera eucaristica, il sacerdote pronunci il testo con chiarezza, in modo da facilitarne ai fedeli la comprensione e favorire il formarsi di una vera assemblea, tutta intenta alla celebrazione del memoriale del Signore.

7. Concelebrazione. La concelebrazione, ripristinata nella liturgia dell’Occidente, manifesta in modo privilegiato l’unità del sacerdo-zio. Per questo i concelebranti stiano attenti ai segni indicativi di questa unità: per esempio, siano presenti fin dall’inizio della celebrazione, indossino le vesti sacre prescritte, occupino il luogo che compete al loro ministero di concelebranti e osservino fedel-mente le altre norme per un decoroso svolgimento del rito.[18]

8. Materia dell’Eucaristia. Fedele all’esempio di Cristo, la Chiesa ha costantemente usato il pane e il vino con acqua per celebrare la Cena del Signore. Il pane per la celebrazione dell’Eucaristia, secondo la tradizione di tutta la Chiesa, deve essere unicamente di frumento e, secondo la tradizione propria della Chiesa latina, azzimo. A motivo del segno, la materia della celebrazione eucari-stica « si presenti veramente come cibo ». Ciò deve intendersi legato alla consistenza del pane, e non alla forma, che rimane quella tradizionale. Non possono essere aggiunti ingredienti estranei alla farina di frumento e all’acqua. La preparazione del pane richiede attenta cura, in modo che la confezione non sia a scapito della dignità dovuta al pane eucaristico, ne renda possibile una dignitosa frazione, non dia origine a eccessivi frammenti, e non urti la sensibilità dei fedeli nella manducazione. Il vino per la celebrazione eucaristica deve essere tratto « dal frutto della vite » (Le 22, 18), naturale e genuino, cioè non misto a sostanze estranee.[19]

9. Comunione eucaristica. La Comunione è un dono del Signore, che viene dato ai fedeli per mezzo del ministro a ciò deputato. Non è ammesso che i fedeli prendano essi stessi il pane consacrato e il sacro calice; e tanto meno che li facciano passare dall’uno all’altro.

10. Il fedele, religioso o laico, autorizzato come ministro straordina-rio dell’Eucaristia, potrà distribuire la Comunione soltanto quando manchino il sacerdote, il diacono o l’accolito, quando il sacerdote è impedito per infermità o per lo stato avanzato della sua età, o quando il numero dei fedeli che si accostano alla Comunione sia così grande da far prolungare eccessivamente la celebrazione della Messa.[20] È quindi da riprovare l’atteggiamento di quei sacerdoti che, pur presenti alla celebrazione, si astengono dal distribuire la Comunione, lasciandone il compito ai laici.

11. La Chiesa ha sempre richiesto ai fedeli rispetto e riverenza verso l’Eucaristia, nel momento in cui la ricevono. Quanto al modo di accostarsi alla Comunione, questa può essere ricevuta dai fedeli sia in ginocchio che in piedi, secondo le norme stabilite dalla Conferenza episcopale. « Quando i fedeli ricevono la Comunione in ginocchio, non è loro richiesto alcun altro segno di riverenza verso il santissimo Sacramento, poiché lo stesso atto di inginocchiarsi esprime adorazione. Quando invece la ricevono in piedi, si raccomanda caldamente che, accostandosi all’altare proces-sionalmente, facciano un atto di riverenza prima di ricevere il Sacramento, nel luogo e nel momento adatto, perché non sia turbato l’avvicendamento dei fedeli ».[21]

L’Amen che i fedeli dicono, quando ricevono la Comunione, è un atto di fede personale nella presenza di Cristo.

12. Quanto alla Comunione sotto le due Specie, si osservi ciò che la Chiesa ha determinato, sia per la venerazione dovuta allo stesso Sacramento sia per l’utilità di coloro che ricevono l’Eucaristia, secondo la diversità delle circostanze, dei tempi e dei luoghi.[22] Anche le Conferenze episcopali e gli Ordinar! non oltrepassino quanto è stabilito dall’attuale disciplina: la concessione della Comu-nione sotto le due Specie non sia indiscriminata e le celebrazioni siano ben precisate; i gruppi, poi, che fruiscono di questa facoltà, siano ben determinati, disciplinati e omogenei.[23]

13. Anche dopo la Comunione il Signore rimane presente sotto le Specie. Pertanto, distribuita la Comunione, le sacre Particele rimaste siano consumate o portate dal ministro competente al luogo della reposizione eucaristica.

14. Il vino consacrato, invece, deve essere consumato subito dopo la Comunione, e non può essere conservato. Si ponga attenzione a consacrare soltanto la quantità di vino necessaria per la Comunione.

15. Si osservino le regole prescritte per la purificazione del calice e degli altri vasi sacri che hanno contenuto le Specie eucaristiche.[24]

16. Particolare rispetto e cura sono dovuti ai vasi sacri, sia al calice e alla patena per la celebrazione dell’Eucaristia, sia ai cibori per la Comunione dei fedeli. La forma dei vasi deve essere adatta all’uso liturgico cui sono destinati. La materia deve essere nobile, durevole e in ogni caso adatta all’uso sacro. In questo settore il giudizio spetta alla Conferenza episcopale delle singole regioni. Non possono essere usati semplici cestini o altri recipienti destinati all’uso comune fuori delle sacre celebrazioni, o scadenti per qualità, o che manchino di ogni stile artistico. I calici e le patene, prima di essere adoperati, devono essere benedetti dal vescovo o da un presbitero.[25]

17. Si raccomanda ai fedeli di non tralasciare, dopo la Comunione, un giusto e doveroso ringraziamento, sia nella celebrazione stessa, con un tempo di silenzio, con un inno o un salmo o un altro canto di lode,[26] sia dopo la celebrazione, rimanendo possibilmente in orazione per un congrue spazio di tempo.

18. Com’è noto, i ruoli che la donna può svolgere nell’assemblea liturgica sono vari: fra i quali la lettura della Parola di Dio e la proclamazione delle intenzioni nella preghiera dei fedeli. Non sono però permesse alle donne le funzioni dell’accolito (ministrante).[27]

19. Si raccomanda una particolare vigilanza e una speciale cura per le sante Messe trasmesse mediante gli strumenti audiovisivi. Infatti, data la vastissima diffusione, il loro svolgimento deve essere di qualità esemplare.[28]

Nelle celebrazioni che si fanno nelle case private si osservino le norme della Istruzione Actio pastoralis del 15 maggio 1969.[29]

B) CULTO EUCARISTICO FUORI DELLA MESSA

20. E vivamente raccomandata la devozione sia pubblica che privata verso la santissima Eucaristia, anche fuori della Messa: infatti la presenza di Cristo, adorato dai fedeli nel Sacramento, deriva dal sacrificio e tende alla Comunione sacramentale e spirituale.

21. Nel disporre i pii esercizi eucaristici, si tenga conto dei tempi liturgici, in modo che gli esercizi stessi si armonizzino con la Liturgia, da essa in qualche modo traggano ispirazione e a essa conducano il popolo cristiano.[30]

22. Quanto all’esposizione della santissima Eucaristia, sia prolun­gata che breve, alle processioni eucaristiche, ai congressi eucaristici e a tutto l’ordinamento della pietà eucaristica, si osservino le indicazioni pastorali e le disposizioni date dal Rituale romano.[31]

23. Non si dimentichi che « prima della benedizione con il Sacra-mento deve essere dedicato un tempo conveniente a letture della Parola di Dio, a canti e preghiere e a un po’ di orazione in silenzio ».[32] Alla fine dell’adorazione si canta un inno, si recita o si canta una delle orazioni, da scegliersi fra le tante riportate dal Rituale romano.[33]

24. Il tabernacolo, in cui si conserva l’Eucaristia, può esse-re collocato in un altare, o anche fuori di esso, in un luogo della chiesa molto visibile, davvero nobile e debitamente ornato, o in una cappella adatta alla preghiera privata e alla adorazione dei fedeli.[34]

25. Il tabernacolo deve essere solido, inviolabile, e non traspa-rente.[35] Davanti a esso, dove la presenza dell’Eucaristia sarà indicata dal conopeo o da altro mezzo idoneo stabilito dall’autorità competente, deve ardere perennemente una lampada, come segno di onore reso al Signore.[36]

26. Dinanzi al santissimo Sacramento, chiuso nel tabernacolo o pubblicamente esposto, si mantenga la veneranda prassi di genuflet-tere in segno di adorazione.[37] Questo atto richiede che a esso sia data un’anima. Affinchè il cuore si pieghi dinanzi a Dio in profonda riverenza, la genuflessione non sia né frettolosa né sbadata.

27. Se qualche cosa fosse stato introdotto in contrasto con queste disposizioni, deve essere corretto.

Conclusione

La maggior parte delle difficoltà incontrate nell’attuazione della riforma della Liturgia e soprattutto della Messa, provengono dal fatto che alcuni sacerdoti e fedeli non hanno forse avuto una conoscenza sufficiente delle ragioni teologiche e spirituali per le quali sono stati fatti i cambiamenti secondo i principi stabiliti dal Concilio.

I sacerdoti devono approfondire sempre maggiormente quell’auten-tica concezione di Chiesa[38] della quale la celebrazione liturgica, soprattutto la Messa, è espressione vivente. Senza una adeguata cultura biblica, i sacerdoti non potranno presentare ai fedeli il significato della Liturgia come attualizzazione, nei segni, della storia della salvezza. Anche la conoscenza della storia della Liturgia contribuirà a far comprendere i mutamenti apportati, non come novità, ma come ripresa e adattamento dell’autentica e genuina tradizione.

La Liturgia esige inoltre un grande equilibrio, perché, come dice la Costituzione Sacrosanctum Concilium, essa « contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa, che ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina: tutto questo in modo che ciò che in lei è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all’invisibile, Fazione alla contemplazione, la realtà presente alla futura città verso la quale siamo incammi-nati » .[39] Senza questo equilibrio, viene svisato il vero volto della Liturgia cristiana.

Per raggiungere più facilmente questi ideali, sarà necessario favorire la formazione liturgica nei seminari e nelle facoltà[40] e la partecipa-zione dei sacerdoti a corsi, convegni, incontri o settimane liturgiche, in cui lo studio e la riflessione siano validamente integrati da celebrazioni esemplari. Così i sacerdoti potranno impegnarsi in una azione pastorale sempre più efficace, nella catechesi liturgica dei fedeli, nella organizzazione di gruppi di lettori, nella formazione sia spirituale che pratica dei ministranti, nella formazione degli anima-tori dell’assemblea, nel progressivo arricchimento di un repertorio di canti, insomma in tutte le iniziative che possono favorire una conoscenza sempre più profonda della Liturgia.

Nell’attuazione della riforma liturgica, grande è la responsabilità delle Commissioni nazionali e diocesane di Liturgia, degli istituti e dei centri liturgici, soprattutto nel lavoro di versione dei libri liturgici e nella formazione del clero e dei fedeli allo spirito della riforma voluta dal Concilio.

L’opera di questi organismi deve essere a servizio dell’autorità ecclesiastica, che deve poter contare su una loro collaborazione fedele alle norme e direttive della Chiesa e aliena da iniziative arbitrarie e particolarismi che potrebbero compromettere i frutti del rinnovamento liturgico.

Questo Documento arriverà nelle mani dei ministri di Dio nel primo decennio di vita del Messale romano, promulgato da Papa Paolo VI in seguito alle prescrizioni del Concilio Vaticano II.

Sembra opportuno tornare su alcune parole che quel Pontefice ha pronunciato a proposito della fedeltà alle norme della celebrazione: « È un fatto assai grave, quando si introduce la divisione proprio là, dove congregavit nos in unum Christi amor, cioè nella Liturgia e nel Sacrificio eucaristico, rifiutando il rispetto dovuto alle norme stabilite in materia liturgica. È in nome della tradizione che domandiamo a tutti i nostri figli, a tutte le comunità cattoliche, di celebrare, nella dignità e nel fervore, la Liturgia rinnovata ».[41] I vescovi, « regolatori, fautori e custodi di tutta la vita liturgica nella Chiesa loro affidata »,[42] sapranno trovare le vie più idonee per una solerte e ferma applicazione di queste norme per la gloria di Dio e il bene della Chiesa.

 

Roma, 3 aprile 1980, Giovedì santo

  Approved and Confirmed by His Holiness Pope John Paul II April 17, 1980

Questa Istruzione, preparata dalla Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, è stata approvata il 17 aprile 1980 dal Santo Padre Giovanni Paolo II, il quale, confermandola con la sua autorità, ha ordinato che venisse pubblicata e osservata da tutti gli interessati.

James R. card. Knox, prefetto

Virgilio Noè, segretario aggiunto


[1] Seconda edizione tipica, Roma 1975.

[2] Edizione tipica, Roma, 1973.

[3] Sacra Congregazione dei Riti, 25 maggio 1967: AAS 59 (1967) 539-573.

[4] Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Memoriale Domini, 29 maggio 1969: AAS 61 (1969) 541-545.

[5] Sacra Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, 29 gennaio 1973: AAS 65 (1973) 264-271.

[6] Sacra Congregazione per il Culto Divino, 5 settembre 1970: AAS 62 (1970) 692-704.

[7] S. tommaso d’aquino, Summa Theol., II-II, qu. 93, art. 1.

[8] SC 22 § 3.

[9] Cfr. Discorso del 22 agosto 1973: L’Osservatore Romano, 23 agosto 1973.

[10] SC 56.

[11] Cfr. SC 56; cfr. anche DV 21.

[12] SC 35, 1.

[13] Cfr. Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 2 a.

[14] Cfr. PNMR 36.

[15] Cfr. Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 2 a .

[16] Cfr. Sacra Congregazione per il Culto Divino, Lettera circolare Eucharistiae participationem, 8; Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 4.

[17] Cfr. PNMR 12.

[18] Cfr. PNMR 156 e 161-163.

[19] Cfr. PNMR 281-284. Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 5.

[20] Cfr. Sacra Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Immenase caritatis, 1.

[21] Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 34; cfr. PNMR 244 e, 246 b, 247 b.

[22] Cfr. PNMR 241-242.

[23] Cfr. PNMR 242 verso la fine.

[24] Cfr. PNMR 238.

[25] Cfr. PNMR 288, 289, 292 e 295; Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 8; Pontificale Romano, Dedicazione della chiesa e dell’altare, 261.

[26] Cfr. PNMR 56 j.

[27] Cfr. Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae Instaurationes, 7.

[28] Cfr. SC 20; Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istruzione Communio et progressio, 23 maggio 1971, 151: AAS 63 (1971) 593-656.

[29] AAS 61 (1969) 806-811.

[30] Cfr. Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 79-80.

[31] Cfr. Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 82-112.

[32] Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 89.

[33] Cfr. Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 97.

[34] Cfr. PNMR 276.

[35] Cfr. Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 10.

[36] Cfr. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 57.

[37] Cfr. Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, 84.

[38] Cfr. LG.

[39] SC 2.

[40] Cfr. Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione In ecclesiastica futurorum, 3 giugno 1979.

[41] Paolo VI, Discorso nel concistoro segreto, 24 maggio 1976: AAS 68 (1976) 374.

[42] CD 15.

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